Cielo e acciaio è una selezione di venti fotografie a colori del corpus che Irene Avaltroni ha realizzato nella seconda metà del 2017 e nel 2018, durante le ispezioni e anche le pause di lavoro nei cantieri di Aarhus e Copenhagen (Danimarca), dove è in corso la costruzione rispettivamente di una tramvia e di una metropolitana o, magari, durante i brevi viaggi di ritorno a Roma. Immagini che appartengono al suo quotidiano di ingegnere civile e architetto con una dichiarata e autentica curiosità verso il linguaggio fotografico. Mishima, in Sole e acciaio, scrive: “Ciò che vidi non fu affatto un’illusione soggettiva ma, necessariamente, il frammento di una nitida visione collettiva. Parole che, prese in prestito (anche nel titolo stesso della mostra), restituiscono il senso di una ricerca interiore intuitivamente poetica. “Il mio sguardo, incontrando quel cielo azzurro che si muoveva e oscillava, era penetrato per un istante nel pathos del creatore”, scrive ancora il grande scrittore giapponese. Negli scatti di Avaltroni la durezza dell’acciaio, declinato nelle forme dei bulloni, dei ponteggi, delle barre, dell’armatura, delle canaline, delle staffe, delle gru, delle passerelle, dei supporti, dei tubi, dei ganci, dei chiodi, delle corde, delle ganasce perde la sua anonima fierezza per assumere una fisionomia metaforica. Uno sguardo gentile (ma non edulcorato) si appropria di quelle forme, che in alcuni casi diventano come pattern reiterati, per trasformarle in visioni fugaci eppure lucidamente reali. Un giardino fiorito, un tunnel sospeso, un vortice astratto: geometrie che si rincorrono, riformulando il confine tra il mondo interiore della fotografa e ciò che la circonda. Immagini così vicine e incredibilmente lontane.
(Manuela De Leonardis)
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