Tavola apparecchiata per uno solo – Omaggio a Samagra (Anna Maria Colucci)

TAVOLA APPARECCHIATA PER UNO SOLO

Omaggio a Samagra (Anna Maria Colucci)

a cura di Manuela De Leonardis

Acta International, Roma

dal 18 marzo all’11 aprile 2015

 

 

inaugurazione mercoledì 18 marzo 2015 – ore 18.30

 

“L’appiattimento dei modelli di comportamento usuali già precostituiti accresceva in me il disagio di riconoscermi ed identificarmi in essi. Nel tentativo di sfuggirli mi ritrovai in un peggiore isolamento a dovermi imbattere e scontrare con la realtà di ulteriori comportamenti. Fu così che scoprii che la foto paradossalmente poteva aiutarmi a rivelare stati di realtà comuni e tipici della quotidianità. La foto esercitò su di me un tremendo fascino, ogni foto conserva con la sua crudele presenza un momento già passato. Reagivo con amore e rabbia. Ho fatto solo quanto poteva bastare a mettere in evidenza il paradossale che la foto già contiene in sé. L’intervento sulla foto spesso era necessario per ritrovarmi nella ritualità del dipingere che, in qualche modo, restituiva all’immagine frantumata la possibilità di ricomporsi al presente, o dissolversi definitivamente nella zona dei chiari-oscuri riassorbita dai bianchi-neri e grigio-neutro.”

 

(Anna Maria Colucci, catalogo della mostra Ambienti anni ’60 e ’80, galleria Speciale, Bari 1985)

 

Tavola apparecchiata per uno solo, a cura di Manuela De Leonardis, è l’omaggio all’artista Samagra (Anna Maria Colucci), recentemente scomparsa. La mostra da Acta International ripercorre i suoi esordi, nei primi anni Sessanta, con un nucleo di lavori fotografici fortemente legati al filone dell’arte povera. A Roma, l’artista frequentava i giovani artisti di piazza del Popolo; era amica di Festa, Kounellis, Mattiacci, Ceroli, Lombardo e, soprattutto, Pino Pascali a cui fu legata sentimentalmente.

Sono una testimonianza di quel periodo opere come Scopa (1960), La donna oggetto (1962), Tavola apparecchiata per uno solo (1964), Tappeto (1964), Le alienatine (1968), in cui la ricerca formale e concettuale è improntata alla riappropriazione dell’immagine della realtà quotidiana che viene attualizzata, piuttosto che relegata a memoria. Recupera le immagini dai rotocalchi, isolandole e attribuendo loro un nuovo messaggio di natura politico-sociale. Interviene sul negativo, o sul positivo, con pennellate di colore che cancellano, prima di rifotografare l’immagine.

Temi di denuncia sociale, legati in particolare alle rivendicazioni femministe la avvicinano e rendono protagonista, tra il 1976 e il 1978, dell’avventura del primo gruppo di artiste femministe, la Cooperativa del Beato Angelico. Di questo collettivo fecero parte anche Carla Accardi, Eva Menzio, Nilde Carabba, Franca Chiabra, Regina Della Noce, Nedda Guidi, Teresa Montemaggiori, Stephanie Oursler, Suzanne Santoro e Silvia Truppi, insieme alla presenza attiva (anche se non dichiarata ufficialmente) di Anne Marie Sauzeau Boetti.

Parallelamente si sviluppa in lei un forte interesse per l’esoterismo e l’oriente – come appare anche nell’opera Ying e yang (1973) – che anticipa il passaggio alla fase matura della Colucci, segnata da un’apertura spirituale e meditativa profondamente influenzata dall’incontro con Osho e l’India.

Nel 1982 l’artista assume il nome di Ma Prem Samagra (che significa integra) e da quel momento la sua pittura sarà esclusivamente legata alla meditazione, con l’abbandono della forma e il recupero della libertà cromatica.

 

 

 

Samagra (al secolo Anna Maria Colucci) è nata a Verbania nel 1938, negli ultimi trent’anni ha vissuto tra Goa (India), Roma e Sant’Oreste, dove ha lasciato le spoglie mortali nel febbraio 2015. Negli primi anni Sessanta ha frequentato gli artisti della Scuola di Piazza del Popolo. Nel filone pop americano si collocano quelle sue prime opere in cui la fotografia interpreta la realtà, affrontando il tema della condizione femminile e altre questioni sociali: La donna oggetto (1962), Krushiov (1962), Picnic (1962), Tavola apparecchiata per uno solo (1962), Interiora (1962), La donna allo specchio (1964), Tappeto (1964), La scopa (1965), Colpo di stato (1967), L’abbraccio (1968), Le alienatine o Piccole donne (1968), Lui può (1970), Il femminile sta avanzando (1970), Arresti domiciliari (1970), Fumando (1970), Il Piper (1970), Yin e yang (1973). A Roma, nel 1975, ha esposto alla Galleria Gap (a cura di Gianni Fileccia) e nello stesso periodo presso Il Lavatoio Contumaciale, diretto da Tomaso Binga e Filiberto Menna. Contemporaneamente ha partecipato alla creazione della Cooperativa del Beato Angelico, primo gruppo di artiste femministe: Osservazioni sulla realtà (1977) è la sua personale organizzata alla Cooperativa del Beato Angelico in cui ripercorre la sua attività a partire dal 1961.

Nel 1980, entrata in contatto con il pensiero di Bhagwan Shree Rajneesh (Osho), è diventata sannyasin e ha orientato la sua pittura verso uno spazio meditativo e zen. E’ del 1985 la personale Ambienti anni ’60 e ’80 alla galleria Speciale di Bari, luogo di sperimentazione e incontro nell’ambito del design, dell’architettura e delle arti applicate creato da Tarshito con Shama Cinzia Tandoi.

Tra le mostre più recenti: 2012 – Ginnosofisti # 7 – L’oro vivente. Alberto Parres e Samagra (a cura di Lory Adragna e Manuela De Leonardis), Bibliothé Contempory Art, Roma (doppia personale); 2011 – L’Artista come Rishi, Museo Nazionale di Arte Orientale, Roma; Samagra Ora (a cura di Manuela De Leonardis e Gigliola Fania), ArteOra, Foggia (personale).

 

 

Informazioni:

Tavola apparecchiata per uno solo

Omaggio a Samagra (Anna Maria Colucci)

dal 18 marzo all’11 aprile 2015

a cura di Manuela De Leonardis

 

ACTA INTERNATIONAL

direzione: Giovanna Pennacchi

via Panisperna, 82-83 – 00184 Roma

dal martedì al sabato ore 16.00 -19.30

Tel 064742005

info@actainternational.it

www.actainternational.it


Giovanna Pennacchi is pleased to present :

 

 

TAVOLA APPARECCHIATA PER UNO SOLO

Homage to Samagra (Anna Maria Colucci)

Curator Manuela De Leonardi

Acta International March 18  –  April 11, 2015

 

opening March 18  – 6,30pm

 

TAVOLA APPARECCHIATA PER UNO SOLO is a tribute to the  artist Anna Maria Colucci who passed away just few months ago.

The exhibition at the gallery ACTA International reflects the debut of her career in the early sixties with a group of  photographic works strongly linked to the Italian artistic movement  Arte Povera. . At that time, she was associated with the young artists of Scuola di Piazza del Popolo.  Among her friends were Kounnellis, Festa, and, in particular, Pino Pascali with whom she had a romantic relationship. Works from this period include: Scopa (1960), Tappeto (1964), Tavola Apparecchiata per Uno Solo (1964),  Le Allienatine (1968). In these works her formal and conceptual research is focused on the images of everyday reality updated rather than relegated to memory. She recovers images from magazines isolating them and giving them a new message with a strong socio-political meaning.  The artist works on the negative or positive film with strokes of color before re-photographing the image.Between 1976 and 1978, Colucci became one of the protagonists of the Cooperativa del Beato Angelico, the very first feminist artistic movement. The movement developed from an idea of the famous Italian painter Carla Accardi. At the same time,  Colucci was developing a strong interest in the esoterism and in the oriental disciplines. This interest appears clearly in the work “Ying e Yang” (1973) which anticipates the transition to her mature phase marked by  a spiritual blossoming deeply influenced by her encounter with the guru Osho.

In 1982, Anna Maria Colucci decided to take a new name, Ma Prem Samagra, meaning ” person of integrity.”  From that moment, her work would be exclusively linked to meditation. The evolution of Anna Marie Colucci is a radical one.

She eventually dropped the form and recovered the chromatic freedom.

 

TAVOLA APPARECCHIATA PER UNO SOLO

Homage to Samagra (Anna Maria Colucci)

Curator Manuela De Leonardi

Acta International March 18  –  April 11, 2015

 

ACTA INTERNATIONAL

Director: Giovanna Pennacchi

via Panisperna, 82-83 – 00184 Rome

Tuesday – Saturday 4 – 7,30 pm

Phone +39. 06.4742005

info@actainternational.it

www.actainternational.it

FB: actainternational

 

Angkor 2015

Fotografie di Patrizia Molinari

a cura di Manuela De Leonardis

Acta International Roma

22 aprile – 22 maggio 2015

inaugurazione mercoledì 22 aprile 2015 – ore 18.30

 

La serie Angkor 2015 è stata realizzata da Patrizia Molinari durante un viaggio in Cambogia nel gennaio 2015. L’autrice isola frammenti del bassorilievo del corridoio del tempio di Angkor Wat, riformulando con un suo ritmo narrativo la sospensione temporale, l’incertezza che attraversa il mito e la storia.

Il viaggio, il racconto.   Gli episodi dei racconti epici del Ramayana e del Mahābhārata, testi sacri della religione induista, si snodano lungo le pareti del corridoio esterno del tempio di Angkor Wat, il più vasto monumento religioso al mondo. Un complesso architettonico intrappolato nella natura della giungla e miracolosamente preservato dalla distruzione dei Khmer rossi, la cui costruzione per mano del re khmer Suryavarman II, che lo dedicò a Vishnu, risale al 1113-1150 d.C. Oggi Angkor Wat è il sito archeologico più visitato e fotografato della Cambogia (note, ma non per questo meno suggestive, le immagini dei fotografi Kenro Izu e Steve McCurry): malgrado ciò reca le ferite della guerra civile nei campi minati che, tuttora, lo circondano.

Il passato emerge dalla semioscurità del corridoio del tempio. Come un rotolo antico, come una moderna strip, prendono forma attraverso il linguaggio scultoreo del bassorilievo storie di uomini, tra angeli e demoni, divinità femminili e maschili, guerrieri, animali, schiavi e sovrani. Forti e deboli camminano insieme, fianco a fianco, tra nascite e morti, nel ciclico rinnovarsi delle stagioni.   La narrazione procede per strisce orizzontali, sovrapposte. La pietra di arenaria vira nelle tonalità rosate che recano tracce ancora visibili di rossi, gialli, neri. Parti lucide illuminano vaste sezioni opache, rese più brillanti dallo strofinamento di mani che nel tempo hanno accarezzato la pietra. Un crescendo di espressioni, scavate con estrema raffinatezza nei blocchi di arenaria, svelano l’atemporalità di emozioni e sentimenti: paura, gioia, stupore, fatica, dramma. Questa mappatura la ritroviamo nelle immagini fotografiche di Patrizia Molinari. L’artista, accompagnata nella sua visita del sito dallo studioso Claudio Bussolino ha modo, così, di avvicinarsi alla mitologia e alla storia di questo complesso straordinario che nel 1992 è stato dichiarato dall’UNESCO Patrimonio dell’Umanità. Usa l’iPhone per memorizzare quanto appare davanti a suoi occhi. Uno sguardo reso più consapevole dall’introduzione del suo cicerone. La galleria più esterna misura 187 per 215 metri ed è aperta verso l’esterno del tempio, il bassorilievo che la accompagna è fitto di composizioni gremite di figure in movimento: la battaglia di Lanka e la battaglia di Kurukshetra sono seguite da scene storiche con la processione in onore di Suryavarman II, e poi i 32 inferni e i 37 paradisi della mitologia indù. Proseguendo per la galleria ad est si trova la grande creazione del mare di latte, accompagnata dalla rappresentazione di 92 figure di Asura e 88 di Deva. La galleria a nord, infine, mostra la vittoria di Krishna su Banasura e una battaglia tra dei. Le immagini della Molinari sono “appunti di viaggio”: hanno la stessa freschezza delle pagine fitte di scrittura che riempivano i diari dei viaggiatori del XX secolo, primo fra tutti quello del naturalista, entomologo ed esploratore francese Henri Mouhot che di Angkor, che visitò nel 1860, ha lasciato traccia nei disegni e nelle descrizioni pubblicate nel suo libro Voyage dans les royaumes de Siam, de Cambodge, de Laos et autres parties centrales de l’Indochine. Ogni scatto corrisponde ad un sentimento, che empaticamente coinvolge l’autrice. “Straziata dalla povertà della Cambogia, indignata per la distruzione operata dai Khmer Rossi nell’assordante silenzio dell’Occidente, tanto più la bellezza dei monumenti è diventata per me, un’emozione insuperabile.”, afferma l’artista. Isolati, i frammenti del racconto vivono autonomamente rispetto alla coralità dell’insieme. Allegorica rappresentazione dell’uno e del tutto nella storia dell’uomo. La sospensione temporale, l’incertezza che attraversa la storia, sono presenti nelle immagini poco nitide, stampate su fogli di carta giapponese. L’aspetto materico del supporto cartaceo asseconda la traduzione di questo palinsesto visivo, in cui si respira la stessa atmosfera magica della camera oscura: il momento in cui l’immagine affiora nel liquido per lo sviluppo nella bacinella. All’origine della vita, l’elemento liquido, attraversa da sempre l’intera poetica di Patrizia Molinari.

(Manuela De Leonardis)

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Patrizia Molinari è nata a Senigallia nel 1948, vive e lavora a Roma. E’ Professore Emerito di Storia dell’Arte presso l’Accademia di Belle Arti di Frosinone, Napoli e Roma. Da sempre compie una ricerca sul Bianco e sul Monocromo, studia le interazioni con la Luce per arrivare a lavorare sulla luce come sostanza a se stante. In scultura lavora con vetro di Murano, vetro industriale, acciaio e pietre illuminate da fibre ottiche, ha realizzato grandi opere pubbliche tra cui l’obelisco di acciaio e gun light “Verso lo spazio” per il quartiere di Tor Bella Monaca a Roma, una scultura di pietra e luce “Venere” per il Parco Archeologico di Crotone; “Colonne e Capitelli” per Delfi e “Arturo” a Senigallia. Attualmente usa la fotografia per indagare gli stessi concetti di luce, acqua e bianco sempre riferiti a temi della natura e delle origini. Ha collaborato con la Casa Editrice La Mausette di Bruxelles per Rehab. Nel 2013 è stata invitata ad Arte Fiera di Genova, all’Art Athina Internetional Contemporary di Atene, al Present’Art Festival di Shanghai, a Tabula Rasa al Museo del Paesaggio di Torre del Mosto, a Cartaria Studio Arte Fuori Centro e a Photissima Art Fair di Torino. Ha partecipato alle Biennali di Venezia, Emirati Arabi, Bangladesh e tenuto conferenze di Storia dell’Arte Contemporanea in Italia, Inghilterra, Grecia, Emirati Arabi, Bangladesh e Oman. Le sue opere sono presenti in musei italiani e importanti collezioni private in Europa e negli Stati Uniti. Tra le mostre del 2014: Il titolo è senza titolo, Galleria Harpax, Ferentino (personale); Chiaro come la luce, Villa Comunale, Frosinone (personale); Oltre lo specchio oltre Sud per Wine and the City, Sud Ristorante, Napoli (personale); Dietro lo specchio, Galleria Portfolio, Senigallia (personale); La Camera del mago, Museo dinamico del laterizio e delle terrecotte, Marsciano; Il suono del bianco, Freemocco’s house, Deruta (personale); In Piatto, Studio Arte Fuori Centro, Roma; Donna e Multiculturalità nell’Europa di oggi, Complesso monumentale di Sant’Andrea al Quirinale, Roma; Nori De’ Nobili la viaggiatrice immobile, Museo Nori De’ Nobili, Trecastelli; Artisti tra opere e comportamento, Museo del Paesaggio, Torre del Mosto; VI Present Art Festival di Shanghai; I Have A Dream, Palazzo Reale, Milano; La divina marchesa, Museo Fortuny, Venezia; La grande illusione, Temple University, Roma; Il Natale dei Cento Alberi d’Autore, Palazzo Torlonia, Roma.

 

ACTA INTERNATIONAL

direzione: Giovanna Pennacchi
via Panisperna, 82-83
00184 Roma
martedì – sabato ore 16.30 – 20.30
Tel 06.4742005
info@actainternational.it
www.actainternational.it

Panoramic Visions – Roberto Vignoli

1. invito - Roberto VignoliRoberto Vignoli

 Panoramic Visions

 Roma, L’Avana, Marsiglia

a cura di Francesca Pietracci

inaugurazione giovedì 10 luglio 2014 – ore 19:00 – 21:00

 durata mostra 10 – 30 luglio 2014

Il 10 luglio si inaugura a Roma, alla Galleria Acta International, la mostra personale di Roberto Vignoli nell’ambito della quale verranno esposte le sue foto panoramiche in small size rispetto a quelle presentate a Santa Fe di New Mexico alla 333 Montezuma Arts da aprile a giugno 2014.

Roberto Vignoli ha dedicato gli ultimi sette anni del suo lavoro ad un progetto speciale che lo ha visto impegnato in diverse capitali del mondo. Si tratta di foto panoramiche che arrivano fino a circa 20 metri di lunghezza. Per la mostra di Roma, spinto dal desiderio di mostrare tutti e tre i suoi lavori attualmente ultimati, ha scelto di allestire le opere in un formato ridotto, ma che nulla toglie all’intensità del suo lavoro. In queste opere il Malecón di L’Avana, il mercato domenicale di Cours Julienne di Marsiglia e Piazza di Spagna di Roma assumono un significato tanto parabolico e fantastico, quanto reale e documentario. Si tratta di una vera e propria magia fotografica, estraniante come può essere un luogo rivisitato con la memoria oppure sognato. La mostra conduce quindi a costatare quanto l’occhio fotografico si possa spingere oltre la realtà anche senza alterare il vero. Il fatto è che ciò che appare in queste foto rappresenta una verità più fedele, un’oggettività che l’occhio umano difficilmente riesce a mettere a fuoco in quanto distratto e fuorviato dai sentimenti, dai ricordi o dai processi di associazione di idee. Ecco allora che il concetto stesso di rappresentazione assume un significato del tutto particolare che spinge a considerare il mezzo fotografico capace di inventare una realtà che oltrepassa la capacità dello sguardo, perché, come sottolineava Ernst Gombrich, non esiste occhio innocente. In merito a questo, infatti, risulta essere di fondamentale importanza nella realizzazione dell’opera il taglio, o meglio, l’ampliamento ottenuto dalla congiunzione di scatti in sequenza, la prospettiva particolare che rappresenta un canale visivo predeterminato.

Francesca Pietracci


La genesi di queste opere appare legata di volta in volta a situazioni differenti e particolari, come afferma lo stesso Roberto Vignoli:

 Il Malecón 2007

malecon

 1 – 60 x 1879 cm

2 – 10 x 320 cm

 “Dopo aver ispezionata le aree della città, compresi che il Malecón, il lungomare dell’Avana, era un tratto emblematico della capitale cubana e decisi di rappresentarlo con una panoramica che lo avrebbe compreso in tutta la sua lunghezza o quasi. Ho quindi effettuato 42 scatti che coprono 2,5 km. Contestualmente ho realizzato anche una serie di scatti in b/n dedicati al rapporto della gente con il mare e, soprattutto, per mostrare Punta del Castillo che, essendo una costruzione del Cinquecento, avrebbe consentito di presentare gran parte dei 5 secoli di architettura cubana in una sola mostra.”

 Melting Marseille 2010

Cours Julien, Marseille, France.

 1 – 110 x 638 cm

2 – 30 x 155 cm

 “Trovai la mia Marsiglia nel centro storico, in Cours Julienne, dove la domenica gli immigrati vendono su modestissimi banchetti i piatti tipici dei loro paesi d’origine; realizzai una panoramica umana di tutte le etnie con scatti scomposti, ma fusi perfettamente al loro interno, così da rappresentare la grande confusione che suscita dall’esterno una società multietnica e la perfetta fusione che viene generata dall’incontro delle diversità e che simbolicamente potrei immaginare indispensabile come gli ingredienti che sono stati necessari per creare la musica jazz e rinnovare così la cultura musicale dell’occidente.”

 Piazza di Spagna – Il cielo di via Condotti 2011

 spagna

“Alla scomparsa del mio amato maestro di scrittura, Luigi de’ Simone, decisi di realizzare una panoramica in suo onore e di dedicargliela. Una volta mi aveva spiegato che non andava bene scrivere «scalino» o «gradino» indifferentemente, perché «gradino» viene dal latino «gradus» e implica un’ascesa non solo fisica, ma anche spirituale e si sarebbe dovuto usare per le costruzioni sacre. «Scalino» per quelle civili. Così decisi di realizzare la panoramica di Piazza di Spagna, dove la laica scalinata porta alla chiesa di Trinita’ dei Monti, alla quale dedicai un’ascesa spirituale di 6 metri con tutto il cielo di Via Condotti, costruito secondo le forme della coda di un aquilone, con gli scatti obliqui uniti uno all’altro dalla parte degli angoli.
Inizialmente realizzai il Cielo di via Condotti con una sequenza esatta. Poi mi accorsi che tutti i turisti, ma anche io per la verità, percorrendo via Condotti scrutavano il cielo con mille giravolte e decisi di scattare di nuovo le foto del cielo con mille giravolte, il che lo rende irreale, ma in linea con quanto in genere viene percepito.”

 1 – 110 x 166 e 110 x 562 cm

2 – 155 x 44 cm

 


 

Roberto Vignoli è nato a Roma nel 1958; vive e lavora a Roma

Principali mostre

 2014

Panoramas” 333 Montezumaarts, Santa Fe (New Mexico, Usa), a cura di Tom Tavelli.

Tik-Tak, Autoreflection”,Tat Gallery, Budapest, (Ungheria), a cura di Francesca Pietracci.

2013

Sette artisti italiani a Budapest”, Istituto Italiano di Cultura, Budapest (Ungheria), a cura di Francesca Pietracci.

Doppia Natura. Sulle tracce di Man Ray”, Per Piacere, Auditorium Parco della Musica, Roma, a cura di Laura Scaringella.

2012

Quadratonomade“,Palazzo delle Esposizioni, Roma, a curata di Donatella Pinocci.

2011

4 artiste a Roma”, Inboccalupo Gallery, Buenos Aires (Argentina), a cura di Massimo Scaringella.

“Malecòn”, Chiostro di Voltorre (Varese), a cura di Cristina Taverna.

2010

“Iguazù”, Diffusione Cultura, Roma, a cura di Claudio Cremonesi.

“Malecòn”, Chambre de Commerce, Marseille, Francia, col patrocinio di Jack Lang, Cosmopolis, Nantes, Francia, a cura di Carole Reux.

2009

“Malecòn”, MLAC – Museo laboratorio di Arte Contemporanea – Università La Sapienza, a cura di Giorgia Calò.

2008

“4 artiste a Roma” – Galleria Carmen Montilla, L’Avana, Cuba.

2007

“4 artiste a Roma” – Mondo Bizzarro Gallery, Roma, a cura di Gloria Bazzocchi e Alessandro Papa. “Expotrastiendas”, Buenos Aires (Argentina), a cura di Massimo e Laura Scaringella.

“Battiti”, Ostuni e Mesagne, a cura di Francesca Pietracci.

“Segni di Confine”, Istanbul (Turchia), New ‘ICE Palace, a cura di Maurizio Vanni.

Pubblicazioni

 2011

5 fotoromanzi d’amore sfrenato”, fotoromanzi, ed. Calliope.

2008

Se un altro fosse me”, racconti, ed. Bastogi.

2006

Il soffio sulla spalla”, romanzo, ed. Bastogi.

1992

Un lampadario nell’anello di fumo”, romanzo, ed. Bastogi.

1987

Traduzione dal francese della “Storia dell’Etnologia”, di Jean Poirier, ed. Lucarini.

L’intangibile labirinto della memoria – Renato Grome

ACTA-INVITO---RENATO-GROME-

Renato Grome

L’intangibile labirinto della memoria

The intagible labyrinth of memory

a cura di Francesca Pietracci

 

inaugurazione giovedì 22 maggio 2014 – ore 18:30 – 21:00

durata 22 maggio – 21 giugno 2014

 

Leggerezza e profondità sono le note che caratterizzano la personale di Renato Grome presentata all’Acta International di Roma. La mostra, intitolata L’intangibile labirinto della memoria, è concepita come un’installazione fotografica all’interno della quale due opere si guardano, si specchiano e moltiplicano, in senso concettuale, le infinite possibilità di relazione tra l’essere e lo sguardo. L’artista, nella prima opera intitolata In the shadow of myself, replica l’immagine della sua ombra all’interno di sfere che vagano nello spazio come bolle di sapone. Di fronte a questa un’altra opera che simula la forma di due globi oculari, ma che in realtà nasconde l’immagine di un profondo corridoio all’interno di una metropolitana. Con queste due grandi foto, quello che Renato Grome mette in atto è un capovolgimento di senso rispetto ai concetti di interiorità ed di esteriorità. Ciò che è un luogo sotterraneo viene concepito come un organo sensoriale esterno e ciò che è una persona acquisisce estrema mobilità ed evanescenza. Il mezzo tecnico della fotografia viene da lui impiegato attraverso un sistema di obiettivi e lenti che rendono evidente il concetto di occhio, di luce e di effetto specchiante. E’ in questo modo che l’artista riesce a guardarsi e a rappresentarsi attraverso uno sguardo esterno al corpo e quindi in grado di percepire il mondo circostante e la vita stessa con una prospettiva ampliata. Allo stesso tempo il suo diventa uno sguardo macro-ravvicinato grazie al quale la distanza non fa perdere la definizione dei particolari. Ed è in virtù di questo effetto che riesce a comunicare in modo straordinariamente immediato la leggerezza e la frammentazione dell’essere-corpo e dell’essere-mente, del combinarsi delle relazioni personali e interpersonali nelle mille sfaccettature di ogni carattere, di ogni mente e di ogni individuo.

Francesca Pietracci


Renato Grome     ”Always forever”

 Attraverso l’uso di una macchina fotografica appositamente creata, formata da una palla di cristallo come fosse una lente esterna sospesa di fronte alla mia macchina fotografica, io fotografo paesaggi, città e interni, trasformando così gli scenari in giochi ottici.

Ho dato il nome a questa serie di “Always forever”.

La mia lente esterna è lì posizionata per esaminare le interpretazioni della “realtà” dentro il mezzo fotografico. Le immagini che ne risultano sono un tentativo di combinare il cosmico, l’identità, con dettagli di primo piano, alla ricerca di una visione universale del mondo, che riesca a connettere tutti noi e tuttavia a separarci e contrastarci ciascuno con una propria vita fatta di bolle di sapone.

E’ tutto parte della mia astratta re-interpretazione della realtà, in modo da creare un senso di infinito perpetuo, sempre e per sempre.

 (Renato Grome)


Biografia

Renato Grome è nato a Roma nel 1954. Il suo lavoro intende esplorare le numerose sfaccettature della sua identità, spesso dalla prospettiva di un osservatore esterno che guardi verso l’interno. Grome usa il mezzo fotografico per investigare molteplici percezioni, sfumando le linee lungo il percorso, procedendo oltre le barriere alla ricerca di linguaggi universali che possano connettere tutti noi . “Guardo il mondo che mi circonda con una visione fuori – del -corpo, come se i miei occhi fossero fuori dalle loro orbite, fuori della mia testa, con una visione a 360 gradi”. Grome è conosciuto a livello internazionale per le sue fotografie di fiori realizzate attraverso la tecnica del capovolgimento analogico, creando immagini che sono iconiche, intense e seducenti e tuttavia oscuramente inquietanti. Parte della sua ricerca consiste nello sviluppare nuove tecniche che verranno poi applicate a ciascuna nuova serie prodotta.  Alcuni lavori sono in analogico medio formato, mentre, al lato finale opposto dello spettro, altri lavori sono realizzati usando una macchina fotografica digitale giocattolo. Alcune delle fotografie sperimentali di Grome comportano la costruzione di attrezzature appositamente studiate. Renato Grome si è formato a Roma come restauratore in Belle Arti, lavorando sia su capolavori di Caravaggio e Raffaello, sia sulle opere di artisti italiani del XX secolo, quali Corrado Cagli, Mario Schifano e Renato Guttuso. E’ stato mentre lavorava allo studio Donnini che si è imbattuto nel ritratto di S.Lucia, il seme generatore del suo futuro lavoro che influenzerà fortemente il suo linguaggio visivo. La sua passione artistica comincia molto presto, all’età di 11 anni inizia le sperimentazioni in fotografia. Grome è inglese, nato a Roma, cresciuto a Roma e Londra in un ambiente formato da importanti artisti, scrittori, registi e musicisti. Ha vissuto a lungo a Roma, Parigi, Londra, Stoccolma, Sidney, Melbourne. Suo padre John Grome era pittore ed Renato ha preso il nome dal suo padrino siciliano, il famoso pittore realista Renato Guttuso.Le sue opere sono state presentate in mostre presso gallerie private e istituzioni artistiche pubbliche a Bologna, Boston, Melbourne, Parigi, Roma, Stoccolma, Sidney, Tokio e Trieste.

www.renatogrome.com


Galleria

ACTA International

via Panisperna, 82/83

00184 Roma

tel +39 06.47742005

www.actainternational.it

info@actainternational.it

Lapides – Patrizia Dottori – Prorogata fino al 16 maggio 2014

argentina

Direzione Giovanna Pennacchi

via Panisperna, 82-83 – 00184 Roma – tel. +39 064742005

www.actainternational.it – info@actainternational.it – orari: martedì – sabato   16 – 19.30

Lapides opere fotografiche di Patrizia Dottori

sulla condizione femminile e la discriminazione di genere. a cura di Francesca Pietracci

Serata di chiusura venerdì 16 maggio 2014 – ore 18,30 – 21

Prorogata fino al 16 maggio 2014, presso Acta International la mostra Lapides di Patrizia Dottori, curata da Francesca Pietracci, una selezione di 10 opere del lavoro fotografico dedicato alla condizione femminile e alla discriminazione di genere. realizzato all’interno della cava di granito Luz de Compostella (Spagna), Lapides, scrive Francesca Pietracci, “…assume come simbolo della donna un vestito rosa shocking. L’assenza del corpo denuncia un diritto negato, quello della libertà di essere, sia dal punto di vista mentale che comportamentale ed estetico. La pietra rappresenta invece un duplice elemento: quello della natura ctonia, della madreterra, e quello della brutalità delle lapidazioni. Le opere raccontano un mondo nel quale l’essere umano è ormai assente. Tuttavia i pensieri e le azioni di donne e di uomini sono evocati da un’atmosfera algida, da un’inquietante bellezza apparente, da una veste e da una natura entrambe violate…”.

“La donna e la pietra mettono in atto un sodalizio. Lapis, lapidis. Pietra, terra, natura, donna. Bellezza ed energia – spiega Patrizia Dottori – suggeriscono la strenua resistenza contro chi tenta di sopprimere il pensiero. Le pietre, scagliate per paura della bellezza, sono le stesse che trasmettono la forza di lottare. Le pietre brillano, i fantasmi volano, la luce e l’anima vivono di libertà.”

Lapides è legato a tre progetti più ampi di Patrizia Dottori:

• il primo di diffusione dell’idea, attraverso la stampa su granito delle immagini consegnate alle istituzioni (4ER-ForEveRose); • il secondo di comunicazione collegato al Blog www.camminaconme.com (Menzione speciale all’Ipa Awards di Los Angeles, e finalista al Prix de la Photographie de Paris nella categoria Advertising/self promotion) e alle performance; • il terzo di consapevolezza con l’inserimento nel progetto “Madre e Terra” che coniuga la donna-Madre alla terra-habitat, come momento di riflessione su una direzione etica globale. Lapides è un progetto itinerante iniziato nel 2011 per il quale Patrizia Dottori ha ricevuto prestigiosi premi quali il Premio Donna del Marmo di Verona (2013) e il posizionamento come finalista al concorso Lo Sguardo di Giulia di Milano (2013) e al Prix de la Photographie de Paris (PX3), nella categoria Fine art/abstract (2011). Notizie sull’artista: Patrizia Dottori lavora a Roma e a Buenos Aires. Ha realizzato mostre e progetti in diverse città italiane, a Budapest, New York, Havana, Teheran, Barcellona, Istanbul e Buenos Aires. Ha ricevuto numerosi premi e menzioni speciali a Parigi, Los Angeles, New York e Londra. Ha inoltre partecipato come consulente artistico alla 1a biennale internazionale STONE PROJECT, Villa Viçosa (Lisbona). Il catalogo della mostra Lapides è disponibile on-line. Curatrice: Francesca Pietracci – francesca.pietracci@gmail.com patrizia.dottori@gmail.com – www.arcipelagofotografico.it

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